L'uretere è un tubo lungo e sottile che collega il rene alla vescica. Attraverso gli ureteri (solitamente ce ne sono due, uno per ciascun rene) l'urina che si forma nel rene raggiunge la vescica e lì rimane fino a quando non viene eliminata all'esterno. La parte più alta dell'uretere, quella a diretto contatto con il rene, ha una forma allargata e prende il nome di pelvi renale. Anche in queste strutture, che fanno parte della cosiddetta via escretrice, si possono sviluppare tumori: non sono molto comuni e rappresentano solo una piccola percentuale di tutti i tumori che colpiscono l'apparato uro-genitale: circa il 5% dei tumori del rene si sviluppa infatti a livello della pelvi renale e circa l'1% di quelli dell'apparato renale colpisce l'uretere. Nel 2% dei casi il tumore è bilaterale, cioè riguarda contemporaneamente entrambi gli ureteri (o pelvi renali). Le cause dei tumori non sono ancora del tutto note, ma sono stati identificati alcuni fattori di rischio che aumentano le probabilità di sviluppare la malattia. Uno di questi fattori è sempre il fumo di sigaretta, al quale si aggiungono anche l'uso inappropriato o troppo prolungato nel tempo di alcuni farmaci per il dolore (anche di quelli che non richiedono la prescrizione medica, “da banco”) e l'esposizione ad alcune sostanze chimiche o coloranti utilizzate nella produzione di materie plastiche o nella lavorazione delle pelli. Esistono, inoltre, alcuni fattori di rischio che non possono essere modificati come l'età o il genere: questi tumori sono infatti più comuni negli uomini che nelle donne e insorgono spesso dopo i 40 anni (in genere attorno ai 60-70 anni). Anche ripetute infezioni urinarie e una storia familiare di tumore a cellule di transizione possono aumentare il rischio di sviluppo di questo tumore.
Quasi tutti i tumori (oltre il 90%) che colpiscono pelvi renale e uretere derivano dallo strato di cellule che riveste queste strutture e che viene definito epitelio di transizione: per questa ragione il tumore prende il nome di carcinoma a cellule di transizione. Il restante 10% è rappresentato da tumori a cellule squamose e da adenocarcinomi (estremamente rari). Non esiste una strategia precisa per la loro prevenzione, ma è buona norma cercare di evitare i fattori di rischio già noti. Nelle fasi più precoci i tumori della pelvi renale e dell’uretere possono essere privi di sintomi. Nelle fasi più avanzate, invece, i sintomi si fanno più frequenti e tra quelli più comuni si possono citare: presenza di sangue nelle urine, dolore durante la minzione (quando si espelle l'urina), necessità di urinare molto spesso, dolore continuo alla schiena o dolore pelvico, stanchezza e perdita di peso senza motivo. Dopo aver posto domande precise per conoscere meglio i sintomi e la storia familiare del paziente, l’urologo effettua una visita accurata e, nel caso ci sia il sospetto di un tumore, prescrive esami di approfondimento. Dall'esame delle urine è possibile scoprire l'eventuale presenza di batteri, proteine anomale o sangue e, con l’analisi citologica dell'urina, di cellule tumorali che si sono staccate dal tumore e sono state eliminate con le urine. Nel sospetto di tumore del bacinetto renale o dell’uretere si procede ad esami radiologici adatti come la TAC addome con mezzo di contrasto o la Risonanza Magnetica con le fasi urografiche per vedere se ci siano masse visibili e per valutare il funzionamento dell’apparato urinario
L'uretero-renoscopia è un intervento chirurgico ed è più invasivo, durante il quale un sottile tubo dotato di luce e telecamera viene inserito, prima nella vescica e poi nell'uretere interessato fino alla pelvi renale. Grazie a questo esame è possibile vedere se c'è qualche area dall'aspetto strano o sospetto all'interno degli organi esaminati ed è anche possibile prelevare un campione di tessuto anomalo per analizzarlo al microscopio (biopsia). La biopsia permette di essere certi della presenza di un tumore e anche di conoscerne più in dettaglio le caratteristiche. TAC e risonanza magnetica, o se indicati la scintigrafia osseea e la PET, possono invece rivelarsi utili per capire se e quanto il tumore si sia diffuso in altre parti dell'organismo.
Una volta certi della presenza di un tumore, è molto importante definire se e quanto si è diffuso nell'organismo. assegnando uno "stadio" alla malattia. Anche nel caso dei tumori della pelvi renale e dell’uretere si distinguono diversi stadi: dallo stadio I (tumore localizzato) allo stadio IV (tumore che ha raggiunto organi anche lontani da quello di origine).
Per scegliere il trattamento più adatto a ogni singolo caso è necessario tenere conto delle caratteristiche del tumore (tipo di tumore, posizione e diffusione) e del paziente (età, stato di salute generale). In generale, la prima scelta per la cura dei tumori invasivi e di grado intermedio o alto della pelvi renale e uretere è la chirurgia con la quale si cerca di asportare, se possibile, tutto il tumore. Uno degli interventi più comuni è la cosiddetta nefroureterectomia che prevede l'asportazione completa del rene, dell'uretere e di una piccola parte della vescica dove sbocca l’uretere. Si può anche decidere di asportare solo la parte di uretere che contiene il tumore e una piccola parte di tessuto sano circostante (ureterectomia parziale), ma si tratta di una scelta riservata solo a casi molto selezionati, dal momento che con questo intervento il rischio che il tumore si ripresenti in un altro tratto dell'uretere è piuttosto alto. La decisione di asportare solo una parte della pelvi renale intaccata dal tumore senza rimuovere l'intero rene è riservata a quelle persone che hanno già un’insufficienza renale o vivono con un solo rene. A volte, si utilizza la corrente elettrica per distruggere il tessuto tumorale o si ricorre a un raggio laser che agisce come un bisturi e rimuove (o distrugge) il tumore, ma questa via è riservata alle forme poco aggressive e prevede controlli più frequenti. Quando il tessuto malato non può essere eliminato con queste tecniche si ricorre in genere alla chemioterapia o alle terapie biologiche come, per esempio, l'immunoterapia. In genere la radioterapia viene utilizzata a scopo palliativo, cioè per ridurre il dolore nelle fasi terminali della malattia.