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LO STATO DELL'ARTE DELL'IMMUNOTERAPIA NEL TRATTAMENTO DEL TUMORE ALLA VESCICA

di Edoardo Fiorini con la supervisione della d.ssa Patrizia Giannatempo

A distanza di circa sei mesi dall'intervista che abbiamo fatto su questo argomento al Dottor Andrea Necchi,  riceviamo finalmente la notizia della prima approvazione di A.I.F.A (Agenzia Italiana del Farmaco) riguardante un farmaco appartenente  a questa categoria farmaco che probabilmente sarà lanciato sul mercato dopo l'estate.

Da parte nostra, come associazione di sostegno al paziente affetto da tumore alla vescica, continuiamo ad essere subissati da richieste di precisazione, approfondimenti ed informazioni nel senso più generale su questa terapia che – a ragione -  sta alimentando tante speranze.

È vero, dunque: l'immunoterapia alimenta grandi aspettative ma… Ci sono alcune cose che è indispensabile sapere per non incorrere in una delusione ancora più grande che un giusto livello d’informazione potrebbe evitare.

I farmaci immunoterapici, sia quello approvato che quelli ancora in fase sperimentale, sono impiegati nelle diverse fasi della malattia: nel tumore superficiale della vescica non responsivo o refrattario a BCG, nella fase neoadiuvante (prima della chirurgia), nella fase adiuvante (dopo la chirurgia), nel mantenimento dopo trattamento chemioterapico di prima linea per malattia metastaticae nel trattamento dei tumori metastatici. Per poter accedere al farmaco immunoterapico (quello in lancio) o a un protocollo di immunoterapia è necessario avere l'idoneità, pertanto avere una serie di caratteristiche che vengono definite “criteri di eleggibilità” agli studi clinici.

Superata questa prima fase non è comunque detto che l'immunoterapia agisca positivamente su tutti i pazienti trattati; anzi,  va detto che ad oggi solo il 20% dei pazienti trae beneficio significativo da questi trattamenti ma i pazienti che rispondono sono spesso lungo sopravviventi/guariti anche in una situazione di malattia metastatica. Come la chemioterapia è un opzione che oggi l’oncologo ha a disposizione per la cura del tumore ma non è detto che sia la panacea capace di guarire il tumore uroteliale in tutte le sue forme e in tutti gli ammalati.


Diversi pazienti affetti da tumore superficiale che convivono da anni con la malattia, con aumento della frequenza delle recidive, ci chiedono se è previsto che l'immunoterapia possa essere la cura risolutiva. Purtroppo, al momento, non c’è una risposta. La comunità scientifica sta facendo enormi sforzi per individuare a priori quali sono i pazienti che possono beneficiare del trattamento immunoterapico e quali invece è meglio che vengono sottoposti ad altri tipi di trattamento. Bisogna aspettare l’esito degli studi che sono attualmente in corso per identificare quelli che sono chiamati biomarcatori predittivi di risposta all’immunoterapia. Nella ricerca oncologica si comincia sempre dalla parte più ostica del problema; l’immunoterapia ha fatto la sua comparsa oramai tre anni fa nel tumore metastatico della vescica per pazienti che non avevano altre possibilità terapeutiche. Visti i risultati in questi anni  è stata anticipata a fasi più precoci della malattia fino alla malattia superficiale non responsiva o refrattaria a trattamento con istillazioni endovescicale di BCG. 

A maggior chiarimento, a questo punto,  chiediamo al dott. Andrea Necchi come è opportuno comportarsi, in presenza di tumori superficiali refrattari al BCG,  dal momento che non sono ancora disponibili i risultati del trattamento con immunoterapia nei pazienti con tumore di questo tipo: “Ai malati – ci risponde il dottor Necchi -  dev’essere ben chiaro che oggi, per i tumori non muscolo-infiltranti, dopo il fallimento del trattamento endovescicale con BCG, la cistectomia è l’unica opzione che dev’essere raccomandata.  Solo nel caso in cui un paziente non sia candidabile all’intervento chirurgico, o che rifiuti in modo motivato e dopo adeguato counselling* il trattamento chirurgico di cistectomia radicale, vi può essere la possibilità di inclusione in studi clinici con immunoterapia. I risultati di questi studi tuttavia non sono ancora disponibili e non sappiamo se l’immunoterapia sia un’opzione efficace in questi casi”.

Come al solito la risposta di Necchi è chiara,  netta e non da spazio a fraintendimenti.

Un’altra domanda che ci viene posta molto di frequente è se nei casi di tumore infiltrante ( es. T2 - G3) l’immunoterapia può evitare la cistectomia radicale. Con i dati finora disponibili la risposta ad oggi è “no”. Allo stato attuale infatti non sono ancora disponibili dati per cui un trattamento immunoterapico neoadiuvante, eseguito prima della cistectomia, possa far sì che il paziente non venga sottoposto alla chirurgia . Si definisce trattamento neoadiuvante la terapia eseguita prima della chirurgia per ridurre le dimensioni del tumore e facilitarne l'asportazione. È questa un’area in cui si sta lavorando a livello di studi clinici e, al momento l’obiettivo prioritario è capire se ci sono dei segnali positivi di efficacia e, possiamo dire che, in parte ce ne sono. 

Non in Italia ma negli Stati Uniti ci sono programma di combinazione dell’immunoterapia e di radioterapia per i pazienti che non vogliono o non possono essere sottoposti ad intervento di cistectomia. Una volta avute chiare conferme di alla efficacia dell’immunoterapia, sulla base delle evidenze, sarà poi necessario cambiare modelli di riferimento ma questo è uno passo successivo. C’è ancora molto da lavorare  e ci vuole un po’ di tempo in più.

Ma allora, quali sono i passi avanti fatti dall’immunoterapia?... Oltre ad essere in alcuni casi un valido sostitutivo della Chemioterapia in quanto meglio tollerata, i dati che abbiamo a disposizione mostrano sicuramente un miglioramento della sopravvivenza nel 20% dei pazienti responsivi associato a un minor deterioramento della qualità della vita. Due aspetti che vanno nel senso dell’efficacia e della sicurezza grazie a risultati buoni non su tutti i pazienti ma su una gran parte trattata. Non dobbiamo infine dimenticare l’importante aspetto  di  tollerabilità del trattamento e delle comorbidità** del paziente. Due fattori che possono precludere ad un paziente la possibilità di accedere a un  protocollo con immunoterapia. Sarà l’oncologo a valutare se il paziente è candidabile o no ad immunoterapia, dopo una adeguata analisi del paziente,  nella sua complessità.

Concludendo: la strada sembra proprio essere quella giusta ma il,cammino è ancora molto lungo. Assistiamo a un impegno profuso da parte dei ricercatore e delle farmaceutiche che tuttavia, prudenzialmente, non si espongono e ci riportano con i “piedi per terra”. Ci vuole ancora del tempo!... È vero, purtroppo non tutti ne hanno. Cionondimeno la scienza non fa miracoli e così alla lunga, passo dopo passo, arriverà a raggiungere i suoi obiettivi in modo risolutivo. Bisogna crederci! 

 

*Coucelling =  in ambito sanitario, è un’attività relazionale, svolta da personale specializzato (counselor), finalizzata a orientare, sostenere e sviluppare le potenzialità di persone momentaneamente in difficoltà.

 

**La comorbilità o "comorbidità" indica la coesistenza di più patologie diverse in uno stesso individuo. 


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