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Tutte le news comparse sul sito Palinuro

Congresso 30 novembre 2019


CONTENUTI

 

 RAZIONALE SCIENTIFICO E OBIETTIVI

 

Nei sistemi sanitari dei paesi più evoluti il coinvolgimento attivo dei pazienti, delle associazioni e dei gruppi di pazienti, nella gestione del percorso terapeutico e assistenziale e nei processi istituzionali e regolatori svolge un ruolo importante nei rapporti con tutti gli stakeholders del sistema salute: istituzioni sanitarie, payers, industria.

Grazie a questo coinvolgimento possono essere attuate politiche sanitarie più mirate ed efficaci.

L’associazione PaLiNUro, da oltre cinque anni ha iniziato in Italia un percorso a supporto dei pazienti affetti da patologie oncologiche dell’urotelio, affiancandosi agli urologi ai ricercatori e ai terapeuti per capire a che punto è la ricerca, quali siano le prospettive terapeutiche all’orizzonte. Alla base della filosofia di advocacy di PaLiNUro c’è il PATIENT ENGAGEMENT, approccio al paziente, che va oltre i tradizionali concetti di aderenza terapeutica, compliance ed empowerment. Il P.E. è connesso infatti ai fattori psicosociali, relazionali e organizzativi che favoriscono l'abilità del paziente di diventare più attivo, consapevole e partecipativo nella gestione del processo di cura.

OBIETTIVI DEL CONGRESSO

  1. Focalizzare l’attenzione sul “soggetto” paziente
  2. Favorire il confronto e la condivisione sul carcinoma uroteliale tra i principali stakeholders coinvolti (compreso il paziente): dalla diagnosi sintomatica al coinvolgimento degli specialisti fino alla fase di riabilitazione fisica e psicologica.
  3. Fornire sempre più indicazioni e strumenti formativi per migliorare modalità e linguaggio necessari per una efficace collaborazione Medico- Paziente.
  4. Sensibilizzare l'opinione pubblica e indirizzare i legislatori ad una maggiore attenzione nei riguardi delle problematiche e delle complessità legate ai tumori dell’urotelio nell'interesse dei pazienti attuali e futuri e più in generale di tutta la società

 

 

ATTI DEL CONGRESSO

Patient Engagement

 

Il coinvolgimento del paziente un anno dopo: cosa è stato fatto e cosa ancora c’è da fare

graffigna

G.Graffigna

Presentazione non disponibile

 

PaLiNUro: a che punto siamo

fiorini

E. Fiorini

Presentazione 

 

Tumori uroteliali

 

Epidemiologia del Carcinoma della Vescica e degli altri tumori uroteliali

 Colombo 1

 R. Colombo

Presentazione

 

Dai primi sintomi alla diagnosi precoce

Salvioni 2

R. Salvioni

Presentazione 

 

 Nutrizione e medicina integrata: complemento per la cura di problemi post-operatori ed effetti collaterali

Rigo 4

M. Rigo

Presentazione 

 

Approccio medico, farmacologico, chirurgico e non solo

 

Gestire il dolore durante le instillazioni vescicali 

Sommariva 2

M. Sommariva

Presentazione non disponibile

 

 Parliamo di chirurgia robotica: tutto bene con qualche ripensamento

Rocco 4

B. Rocco

Presentazione

 

Trials Clinici in corso e in programmazione

 

Come funzionano gli studi clinici: fasi, criteri di eleggibilità, attualità e prospettive,

Mosconi 1

P. Mosconi

Presentazione 

 

L'importanza della caratterizzazione genomica dei tumori per i pazienti 

Iacovelli 1

R. Iacovelli

Presentazione 1

Geografia dei trials clinici in Italia: dove reperire le informazioni

R. Iacovelli

Presentazione 2 

 

Nuove opzioni terapeutiche nella lotta contro il carcinoma uroteliale: Immunoterapia

 Raggi 2

D. Raggi

Presentazione

 

Nuove opzioni terapeutiche nella lotta contro il carcinoma uroteliale: Chemioterapia 

Hurle 1

R. Hurle

Presentazione

 

 Dal post-operatorio a una nuova vita

 

Pianificazione del percorso riabilitativo prima e dopo la chirurgia

Rinaldi 1

R. Rinaldi

Presentazione 

 

 Funzione renale, prevenzione del danno renale e accorgimenti nel paziente cistectomizzato

Cosmai 1

L. Cosmai

Presentazione 

 

 Incontinenza e ipercontinenza: cosa fare e cosa faremo?

Tagliabue 1

A. Tagliabue

Presentazione

 

Ottimizzazione nell’utilizzo di assorbenti igienici selezionati per applicazioni sportive

Pongolini 4

A. Pongolini

Presentazione  

A. Pongolini

L’importanza degli ausili per la gestione dell’incontinenza e dell’ipercontinenza urinaria

Approfondimento

  

DOMANDE E RISPOSTE

Tumori uroteliali

Dai primi sintomi alla diagnosi precoce

R. Salvioni

Domande:

E’ ormai evidente, dalle esperienze di noi pazienti – soprattutto donne – la enorme carenza della medicina generale nell’accompagnare a una diagnosi precoce. Quali sono secondo lei gli esami imprescindibili che il medico di base dovrebbe sempre prescrivere di fronte a un sospetto?

 

Abbiamo a disposizione tantissimi esami che possono essere utilizzati per una diagnosi della neoplasia uroteliale, tra questi l’ecografia è il più importante e il primo che dovrebbe essere utilizzato, ma la neoplasia uroteliale ha quasi sempre una diagnosi difficile e a volte lunga. La diagnosi precoce della neoplasia uroteliale rimane ancora purtroppo una chimera perché se non si manifesta il sangue nelle urine si arriva tardi.

 

La sola perdita di sangue come principale sospetto non rischia di ritardare una diagnosi precoce?

 

Il problema è come viene interpretato il sangue delle urine. Molto spesso di tratta di un sintomo casuale che non è strettamente riconducibile alla neoplasia. Se l’episodio si ripete allora andrò a indagare l’apparato urinario, ad esempio proprio con una ecografia come dicevamo prima.

Quali sono le tempistiche degli accertamenti che il medico di base deve assolutamente indicare a tutela della diagnosi il più possibile precoce del paziente?

 

Il medico di base dovrebbe innanzitutto, di fronte ai primi possibili sintomi, procedere immediatamente con l’urinocoltura prima di prescrivere l’antibiotico, oppure un esame citologico delle urine per la ricerca delle cellule tumorali. Se il problema non si risolve in un mese, di fronte a esami negativi, è buona prassi procedere con ulteriori accertamenti. Sulla questione delle tempistiche, che spesso sono dilatate nel tempo, si entra in un discorso che coinvolge tutto il sistema con particolare riferimento a questa patologia, in quanto sarebbe necessario garantire a tutti gli accertamenti il regime di urgenza. Qui si entra però in un discorso che va a toccare il tema della qualità di un servizio reso, e dei bisogni dei pazienti di fronte a questo servizio.

Quanto è importante la conoscenza da parte dei ginecologhi dei tumori uroteliali femminili? Il loro ruolo può essere determinante per una diagnosi precoce?

 

Mentre nell’uomo è più facile escludere o pensare a determinate patologie, nella donna non è così immediatamente chiara quale può essere la causa di un determinato sintomo, il ginecologo deve comunque procedere per gradi e rimandare al successivo specialista nel caso risulti chiaro che il sanguinamento delle urine possa essere riconducibile a un ambito diverso da quello di sua pertinenza. Rimane il fatto che la diagnosi nelle donne risulta più complicata e spesso più lunga di quella degli uomini.

Approccio medico, farmacologico, chirurgico e non solo

La richiesta di un secondo parere in oncologia: sfiducia o bisogno?

M. Maffezzini

Domande:

Con il termine di Seconda Opinione Medica (SOM) si intende il ricorso al parere di altro medico

e/o di altra istituzione al fine di confrontare, confermare o correggere una prima diagnosi o un’indicazione terapeutica. Tale procedura assume una rilevante importanza nel caso di patologie gravi e invalidanti o di situazioni che pongono il paziente in pericolo di vita.

Spesso, come immaginabile, veniamo contattati da pazienti sotto stress, impauriti dalla notizia della diagnosi di cancro e pieni di dubbi su quanto hanno appena saputo e, soprattutto, sugli incerti scenari del futuro.

Questo succede anche perché non sempre urologo di turno è stato esaustivo e soprattutto, capace di dare un quadro prospettico chiaro e, nei limiti del possibile, rassicurante.

In fondo, mettiamoci nei panni del paziente: qui si tratta di mettere la propria vita nelle mani di un medico e per poterlo fare è necessario che questo dottore ispiri fiducia.

In mancanza di fiducia e in presenza di dubbi non chiariti Palinuro consiglia sempre di chiedere un secondo parere. Perché è opportuno richiedere un secondo parere e quando è il caso di farlo?

 

E’ il caso di farlo ogni volta che esiste un dubbio. (la parte restante della risposta non è disponibile)

Quanto è importante per te conoscere i motivi che inducono il paziente a chiedere una seconda opinione?

Non tanto. Nel momento in cui il paziente chiede un secondo parere è già chiaro perché lo fa, e ti dirò che la maggior parte delle volte viene per un desiderio di informazione che non è stato colmato al primo incontro.

 

È corretto che la persona malata rinunci a un secondo parere perché teme che questa iniziativa possa modificare la relazione di cura esistente, compromettendo il rapporto con il primo specialista, spesso più accessibile, per esempio, da un punto di vista logistico?

 

         Non si devono fare scrupoli, è un diritto.

 

L’articolo 58 del Codice di Deontologia Medica approvato nel dicembre 2006 recita: «Il rapporto tra medici deve ispirarsi ai principi di corretta solidarietà, di reciproco rispetto e di considerazione della attività professionale di ognuno. Il contrasto di opinione non deve violare i principi di un collegiale comportamento e di un civile dibattito». La seconda opinione diventa un momento complicato, da gestire con delicatezza e profondo senso etico e deontologico. Da una parte nei confronti del primo collega e dall’altra in termini di extra costi che si vengono a creare con il SSN. Qual è il tuo pensiero a proposito?

(La risposta non è disponibile)

 

I Mass Media e oggi, sempre più di frequente, Internet creano importanti aspettative su terapie non ancora validate dalla comunità medico scientifica: quanto questi fattori possono alimentare la richiesta di un secondo parere?

 

Internet è stato un grandioso mezzo rivoluzionario, dà però un accesso all’informazione che non consente di dare la giusta importanza a quello che leggi, chiunque può scrivere qualsiasi cosa e la passa franca. Io sono molto critico. (la parte restante della risposta non è disponibile)

 

Con che frequenza ti capita di dare un parere diverso rispetto a quello del primo medico? ... e, in linea di massima, quali sono le aree di diversità d’opinione?...

 

Succede sempre meno, il livello medio degli urologi italiani è molto valido. Ci sono modi diversi di risolvere la stessa cosa, alcuni sono sostenuti da evidenza di letteratura, altri sono meno sostenuti. Io propongo piuttosto questa visione delle cose.

 

Ultima domanda. Un nodo dolente. Diversi amici in sala non si limitano alla second opinion ma vanno ad oltranza. Personalmente non condivido questo approccio in quanto, oltre all’aspetto economico questa pratica ha il risultato di “confondere” le idee più che a chiarirle. Secondo te quante opinioni massime è bene chiederle? ... e in che occasione è opportuno farlo?...

Quando succede questo il paziente rifiuta la malattia, spera sempre che qualcuno gli dica che “abbiamo scherzato”. (la parte restante della risposta non è disponibile)

Trials Clinici in corso e in programmazione

L'importanza della caratterizzazione genomica dei tumori per i pazienti

R. Iacovelli

Domanda:

E’ nota la sperimentazione dell’immunoterapia come coadiuvante pre-cistectomia. Esistono, oppure sono concepibili, sperimentazioni di immunoterapia anche come coadiuvante pre-trimodale?

Ci sono trials in corso per valutare il ruolo dell'immunoterapia in associazione alla chemioterapia come trattamento neo-adiuvante prima della cistectomia. Questi trial permettono anche il proseguo dell'immunoterapia dopo l'intervento come ulteriore trattamento preventivo della recidiva mentre la chemioterapia è limitata ai quattro cicli iniziali. Alcuni trial permettono anche di ricevere l'immunoterapia come neo-adiuvante e successiva alla chirurgia come unico trattamento nei pazienti tradizionalmente considerati non eleggibili al cisplatino. Per quanto riguarda l'uso dell'immunoterapia nel trattamento trimodale ci si sta lavorando e noi come Gemelli stiamo discutendo con alcune companies la possibilità di disegnare un trial clinico.

 

Trials Clinici in corso e in programmazione

Nuove opzioni terapeutiche nella lotta contro il carcinoma uroteliale: Immunoterapia

D. Raggi

Domanda:

E' nota l’esistenza, in tutto il mondo, di studi clinici su terapie di tipo immunologico anche per i tumori alla vescica di alto grado e non invasivi la tonaca muscolare (quindi non come adiuvanti l’intervento di cistectomia): quali sono i risultati di detti studi? com'è la situazione in Italia?

Studi clinici ce ne sono e anche molti a livello mondiale, ma solo per pazienti già trattati con BCG e ad esso resistenti. I dati sono stati presentati ai più importanti Congressi urologici e sono incoraggianti, probabilmente superiori al riutilizzo del BCG. In Italia l’unica opzione al momento è quella di partecipare a studi clinici.

Trials Clinici in corso e in programmazione

Nuove opzioni terapeutiche nella lotta contro il carcinoma uroteliale: Chemioterapia

R. Hurle

Domande:

Nella logica della preservazione della vescica la terapia trimodale può essere proposta come efficace a pazienti candidati alla cistectomia?

La terapia trimodale è un’opzione valida per i pazienti che hanno una malattia muscolo infiltrante e per terapia trimodale si intende l’associazione della chirurgia endoscopica (completa o sub completa) con chemioterapia e radioterapia. Chiaramente perché questo trattamento abbia un’efficacia paragonabile al trattamento standard che prevede la chemioterapia neoadiuvante e la cistectomia è fondamentale la figura dell’urologo che verifica i criteri di selezione dei pazienti, perché ne possono beneficiare solo quei pazienti che hanno una malattia singola non multifocale, non CIS, e le dimensioni della lesione dovrebbero essere inferiori ai 5 cm, e quantomeno nella seconda resezione deve risultare una lesione che sia al massimo il 10% della malattia iniziale. 

Che differenza c’è tra lo studio Oncofid e Keynote 57 e quali valutazioni si possono fare al momento attuale sulla differenza tra tali metodi? Ci sono in essere da parte vostra studi interessanti?

 

Sono entrambi studi che interessano la stessa tipologia di pazienti, cioè BCG unresponsive, ma uno prevede l’uso di un chemioterapico, l’Oncofid, l’altro l’uso di un immunoterapico, il Pembrolizumab. Non sono ancora completati, ma hanno dato buoni risultati intesi come risposta completa al termine dei 3 mesi. A breve dovrebbero esserci dati a 12 mesi e si aspettano i dati alla fine del trattamento.

Per quanto riguarda gli studi, verosimilmente nel 2020 dovremmo partire con 3/4 studi interessanti con immunoterapici e oncovirus.

La Dott.ssa Sommariva ci ha illustrato questa mattina l’impiego di cocktail di "acido iarulonico" ed altre sostanze al fine di limitare gli effetti collaterali delle terapie. C’è differenza tra ONCOFID ed un cocktail di acido ialuronico e mitomicina? L’efficacia, nell’uno e nell’altro caso, potrebbe essere simile?

Oncofid ha la capacità di coniugare insieme il farmaco in un’unica soluzione e quindi intrinsicamente può beneficiare degli effetti dell’acido ialuronico, l’instillazione dell’acido ialuronico non coniugato viene utilizzato per recuperare sintomatologie importanti. Non è stato facile ottenere un prodotto fruibile senza precipitazioni. Oncofid ha consentito di ottenere una molecola più efficace perché la puoi usare per più tempo per più settimane, ma nello stesso tempo meno tossica. Oncofid in associazione ad altri farmaci, se i pazienti possono trattenerlo per il tempo adeguato, probabilmente sarà il futuro della terapia endovescicale.

I pazienti assistiti dai loro medici dove, e con quale procedura, si possono rivolgere per effettuare un consulto ai fini di un eventuale accesso al trattamento Oncofid sulla base della propria storia clinica? E se negativo, con quali modalità/procedure può essere possibile candidarsi per i trials all'estero?

Attualmente lo studio di fase I ha chiuso l’arruolamento. Dovrebbe partire l’anno prossimo lo studio di Fase III, del quale dovrei essere coordinatore per l’Europa, quindi eventuali pazienti interessati possono rivolgersi a me. La partecipazione ad un trial estero è praticamente impossibile per problemi di natura assicurativa.

Approccio medico, farmacologico, chirurgico e non solo

Gestire il dolore durante le instillazioni vescicali

M. Sommariva

Domanda:

Diversi pazienti hanno interrotto il programma di instillazioni per gli effetti collaterali importanti, in particolare nel caso della BCG. Esistono metodi od accorgimenti, anche alimentari o con integratori/fitoterapici, che possano portare ad un contenimento degli effetti collaterali e così favorire il completamento del programma?

Per quanto riguarda gli integratori, io non sono una grandissima sostenitrice degli integratori, perché voglio essere sempre sicura quando prescrivo qualcosa e devo essere sicura se ci siano degli effetti reali e degli effetti collaterali. Sono una sostenitrice della dieta nel senso che una dieta povera di proteine animali e ricca invece di vegetali o sostanze che in qualche maniera vanno a migliorare la funzione renale e quindi anche l’escrezione del contenuto delle urine può essere sicuramente di aiuto. E’ ovvio che oggi parlare di naturale è difficile, non sappiamo cosa mangiamo davvero. Il consiglio principale è quello di moderarsi e non abbuffarsi, ad esempio con fritti o con sostanze potenzialmente cancerogene anche per fritture elevate. 

Tumori Uroteliali

Nutrizione e medicina integrata: complemento per la cura di problemi post-operatori ed effetti collaterali

M. Rigo

Domande:

M. Sommariva: Mi capita di ricevere pazienti che vengono con un elenco di prodotti che si sono comprati o gli sono stati prescritti per esempio da un’omeopata: mi domando se esista una letteratura specifica, disciplina per disciplina, con delle casistiche ampie a livello internazionale. Tutti questi prodotti hanno un costo veramente enorme; io mi sono resa conto che rifacendo il nuovo PDTA con la Regione Lombardia per le malattie rare, ho voluto a tutti i costi inserire le sostanze probiotiche, e questa è stata un’impresa titanica, per il semplice fatto che non vengono considerati come medicine quando oggi invece del microbiota si parla veramente ad ampio spettro.

Stanno incominciando ad esserci molti studi che attingono dalla letteratura cinese, e non è un caso perché un certo tipo di pratica fa parte della medicina cinese. Hai ragione quando dici che i pazienti arrivano spesso con prodotti auto prescritti, o suggeriti dalla vicina di casa, e non è certo questo il modo corretto di operare, perché anche per la medicina complementare ci deve essere sempre una comunicazione in questo senso tra il medico e il paziente. Per esempio, per quanto riguarda i probiotici, occorre chiarire che il probiotico principale non è quello che assumiamo per bocca, ma l’alimentazione è il nostro principale probiotico, insieme allo stile di vita. Il probiotico preso per bocca fa quello che deve fare, e se ne esce. Con l’alimentazione invece contribuisci a costruire un equilibrio che rimane costante nel tempo (fatto salvo che con un antibiotico, ad esempio, spazzi via la flora intestinale in pochi giorni). Mi arrivano spesso pazienti che stanno facendo chemioterapia ai quali viene detto “mangi quello che vuole”, e ogni volta mi viene un moto di rabbia perché invece ci sono degli alimenti più adatti durante questo percorso, mentre il paziente viene spesso abbandonato. Siamo ancora molto lontani….

 

Ci sono accorgimenti alimentari o fitoterapici utili a prevenire le recidive?

 

Per la prevenzione delle recidive il consiglio più sensato è quello di seguire uno "stile di vita anti cancro", ovvero un'alimentazione antifiammatoria, ricca di verdure, apportatrici di fitocomposti, antiossidanti e fibra; quest'ultima manterrà in salute il microbiota intestinale. Gli zuccheri invece dovrebbero essere limitati, per non dire eliminati, così come tutto ciò che è eccessivamente processato.
L'alimentazione è però solo uno dei tasselli che concorrono a definire lo stile di vita: non va sottovalutato il ruolo protettivo dell'attività fisica, una delle poche variabili per le quali c'è evidenza scientifica di protezione contro tumori e recidive. 

Infine, l'aspetto emozionale: lo stato d'animo, i sentimenti, il modo di approcciarsi alla vita, così come alla malattia, interagisce con il nostro DNA secondo meccanismi epigenetici con implicazioni sulla genesi di molte patologie, tra cui il cancro. 

Un sostegno ulteriore può essere offerto dalla micoterapia: l'assunzione di Polyporus umbellatus ha dimostrato un'efficacia nella prevenzione delle recidive del tumore alla vescica.

Approccio medico, farmacologico, chirurgico e non solo

Parliamo di chirurgia robotica: tutto bene con qualche ripensamento

B. Rocco

Domande:

Lei e suo padre Francesco avete sviluppato la tecnica chirurgica chiamata “Punto di Rocco”, utile nel trattamento dell’incontinenza urinaria dopo l'intervento di prostatectomia per tumore. Con questa tecnica, lo sfintere striato viene riportato alla lunghezza naturale e fissato alla parete della vescica. A 10 anni dalla sua introduzione, la tecnica di Rocco è forse una delle più studiate e citate nella letteratura scientifica e applicata anche nella chirurgia robotica.

Questa tecnica potrebbe funzionare anche in pazienti sottoposti a cistectomia radicale con confezionamento di neovescica ortotopica che si ritrovano con un’incontinenza severa?

No, è una tecnica che previene l'incontinenza o meglio favorisce il suo recupero rapido, non aiuta quando questa è già in essere

Questa tecnica si può eseguire in un secondo tempo quando l’incontinenza è conclamata o può essere fatta solo in concomitanza dell’intervento di cistectomia?

 

Solo durante la procedura. Non dopo.

Questo metodo, se studiato, potrebbe dare dei benefici alle donne che dopo l’intervento di cistectomia si sono ritrovate con un’incontinenza severa?

Potrebbe,anche se nella donna entrano in gioco fattori ancora più complessi che possono portare a ritenzione di urina. In questo caso la tecnica potrebbe portare ad un peggioramento. Va studiata. 

Siamo consapevoli delle diversità anatomiche tra dell’uretra maschile e femminile e della mancanza di studi in proposito. Si auspica che vengano studiate, per noi donne con neovescica, nuove tecniche adatte a risolvere il problema dell’incontinenza.


E' fondamentale che questo venga fatto!

Dal post-operatorio a una nuova vita

Donna dopo la chirurgia:

Dibattito introdotto e moderato da S. Gori / S. Donegani

Domande:

Le donne esternano principalmente l’imbarazzo e la vergogna di farsi vedere con una menomazione fisica come quella della derivazione esterna o per dover gestire la loro incontinenza durante il rapporto sessuale: col tempo si risolve o è necessario uno specifico percorso rieducativo?

Il problema si può affrontare, lo hanno raccontato anche le esperienze del video. Io lavoro in un ambulatorio di riabilitazione sessuale dell’INT (Programma Prostata), e quindi so per certo che la persona che richiede il mio aiuto è una persona che decide di mettere mano al problema. Rispetto alla vergogna noi medici siamo i primi a dover offrire un aiuto laddove sappiamo che possa essere necessario. La sessualità è un diritto, non un dovere, la rassegnazione è comunque una strada sbagliata, che magari viene scelta solo per una parte del percorso. C’è anche questo sentirsi sbagliati nel non fare qualcosa, perché non si riesce, perché non si è più come prima, come uomo, come donna …. C’è un tempo, il tempo della malattia, il tempo della ripresa, il tempo per riprendere confidenza con sé stessi, di capire quali sono i propri desideri, dopo aver attraversato una paura notevole perché avere una diagnosi di tumore non è una passeggiata. Si arriva al momento in cui può sorgere la necessità di chiedere, ma se chiedere diventa una ulteriore fatica allora è ancora peggio, per cui per quanto io possa volere a volte non sono neppure così semplici da trovare. 

Come è possibile coinvolgere correttamente il proprio partner al fine di superare insieme la ripresa dei rapporti intimi dopo la chirurgia? Ed è eventualmente possibile per la coppia accettare serenamente di farne a meno? 

La singola coppia sì, può trovarsi nella situazione di voler affrontare per pezzo di vita in quel modo, ma teniamo presente che il primo pezzo del percorso parte sempre dalla ricostruzione di sé, di me stesso, che mi devo sentire in qualche modo di nuovo desiderabile, ed è lì che c’è il blocco perché spesso non risulta un problema realmente fisico. Ovviamente l’intima non è solo penetrativa: l’esperienza del tumore può cambiare tanto.

Riabilitazione dopo la chirurgia: noi pazienti abbiamo sentito pesantemente la carenza di un supporto. Secondo il suo parere non sarebbe utile e necessario, anche in un’ottica di team multidisciplinare, inserire la figura dello psicologo a supporto anche dei problemi legati alla sessualità?

Sono sempre di parte: io lavoro in un ambiente multidisciplinare, che consente alla persona di accedere subito a questo tema. Poi ci sono persone che sentono il desiderio di accedere subito alla possibilità di avere un colloquio psicologico, chi invece attende o non vuole proprio approcciarsi al problema. Il team multidisciplinare sicuramente aiuta almeno a rendere nota la possibilità che un certo tipo di supporto esiste.

Commento di Stefania Gori

I pazienti NON parlano spesso di questi problemi con gli oncologi, magari ne parlano con gli urologi o con altri, ma con gli oncologi poco. Noi oncologi non siamo abituati a parlare di queste problematiche, e invece dovremmo aprirci a questa problematica invitando il paziente a parlarne con il partner. Ben vengano queste riflessioni perché la sfera sessuale è complessa e variegata ed è importante incominciare a capire quali sono le risposte che possono essere date ai pazienti.

Intervento del Dott. Da Pozzo: da urologo quanto è opportuno che io mi dilunghi prima in possibili sequele sulla sfera sessuale?

Il tempo della diagnosi non necessariamente richiede un approfondimento su questo tema, ma l’importante è che il/la paziente sappia che dopo potrà trovare il medico disponibile ad affrontare anche questo problema, se sarà necessario.

Dal post-operatorio a una nuova vita

Gestione del paziente metastatico e oncologico cronico

E. Farè

Domande:

Quali sono le nuove opzioni terapeutiche per la cura dei pazienti con carcinoma metastico o localmente avanzato?

 

Ad oggi l’Italia allo stato attuale si avvale ancora della chemioterapia. L’immunoterapia ad oggi 30.11 non è ancora rimborsata dal SSN pertanto i pazienti che ad oggi vogliono accedere a trattamenti diversi dalla chemioterapia o al fallimento della chemioterapia o nei pazienti che non sono adatti a ricevere il trattamento previsto in prima linea che è appunto il cisplatino, è partecipare a trials clinici in grossi centri oncologici.

Un paziente metastatico può guarire o cronicizzare?

 

Ci sono pazienti metastatici che ad oggi probabilmente possono definirsi guariti, abbiamo dei casi di pazienti che hanno avuto una remissione completa della malattia, soprattutto con i nuovi farmaci immunoterapici, alcuni di questi hanno interrotto il trattamento e sono in follow up. Il tempo è acerbo per poter dire che saranno completamente guariti nel tempo però l’esperienza in altre malattie dice che forse si apre qualche piccola speranza. Sulla cronicità, i nuovi farmaci orali che ancora sono in sperimentazione lasciano la porta aperta al fatto di poter fare delle terapie croniche che permettono in controllo totale della malattia, è anche vero che il tumore cerca delle strategie per fuggire al blocco farmacologico e quindi ad oggi siamo lontani dal poter dire che siano in grado di cronicizzare la malattia metastatica al pari di altre malattie croniche come ad esempio il diabete e dell’ipertensione

L’importanza del follow up: le metastasi prese subito hanno più possibilità di regredire?

 

Il follow up che ci permette di individuare precocemente una recidiva di malattia impatta più sulla qualità di vita del paziente che sul processo dei trattamenti. Purtroppo, sulle possibilità di cura non sempre il riscontro precoce della malattia metastatica è migliore.  La differenza spesso la fa la sede della recidiva, una metastasi linfonodale ha una prognosi migliore rispetto a malattie che coinvolgono organi noti quali ad esempio il fegato o il polmone.

Nella comunicazione della diagnosi di tumore metastatico si tiene conto dell'aspetto psicologico che questa ha sulla vita del paziente e della sua famiglia, ed è prassi proporre anche un supporto per affrontare questo stadio della malattia?

Non si può non guardare chi si ha davanti nella comunicazione della malattia metastatica tenendo presente la situazione in cui vive (persona anziana sola, persona con figli grandi, persona giovane con figli piccoli, ecc.). Sebbene lo psicologo non sia presente a tutte le visite, però è una figura che deve far parte dell’equipe e deve essere fatto presente al paziente che può accedervi qualora lo richieda.

La diagnosi e la successiva terapia viene decisa solo dall’oncologo o condivisa con un team nel quale ogni figura medica dà il suo apporto di specialista?

La multidisciplinarietà è indispensabile. Il quadro clinico viene spesso stabilito dall’oncologo, ma è indispensabile il supporto di chirurgo, radioterapista, terapista del dolore, sono indispensabili per poter affrontare tutte le problematiche e tutte le fasi della malattia offrendo strategie combinate che abbiamo non solo lo scopo di trattare la malattia ma anche di trattare nel migliore dei modi i sintomi e le complicanze che la malattia può portare.

Tavola rotonda medico – paziente:

“Terapie conservative nei diversi gradi di tumore della vescica: nuovi approcci”

Medici: R. Da Pozzo, R. Colombo, R. Iacovelli, S. Arcangeli, S. M. Di Stasi

Pazienti: A. Micucci, A. Boni, F. Vignoso

Domande:

La terapia trimodale, pur diffusa all'estero con interessanti esperienze in Francia, risulta ancora poco offerta ai pazienti per il trattamento del tumore alla vescica muscolo invasivo, salvo che per motivazioni legate alla insostenibilità dell'intervento operatorio per pazienti molto anziani e/o con gravi patologie. Quali sono le motivazioni principali?  La possibilità di recidiva e i tassi di sopravvivenza con la trimodale sono sovrapponibili a quelli con alla cistectomia radicale?

Risponde Stefano Arcangeli:

La terapia trimodale rappresenta un'alternativa alla cistectomia in pazienti selezionati con tumore muscolo-infiltrante della vescica (stadio clinico T2-T3N0M0; malattia unifocale suscettibile di TURB completa, assenza di CIS e di idronefrosi, buona capacità vescicale), come raccomandato nelle linee guida EAU 2019. Questi pazienti rappresentano circa il 15-20% di tutti i pazienti con un tumore infiltrante della vescica. La sopravvivenza globale (OS) e quella libera da malattia (DFS) a 5 e 10 anni, rispettivamente, sono sovrapponibili alla cistectomia radicale. Il tasso di conservazione dell'organo è dell'85%. Si tratta di un trattamento radicale che prevede dopo la TURB la combinazione di radioterapia e chemioterapia a base di platino, uno schema non sempre utilizzabile in pazienti fragili o anziani.

Per i tumori superficiali a rischio molto alto la cistectomia precoce è una opzione che può essere presentata al paziente. Si può pensare anche ad una trimodale ‘precoce’? Se sì, in questo caso la possibilità di recidiva e i tassi di sopravvivenza con la trimodale sono sovrapponibili a quelli con la cistectomia radicale?

(La risposta non è disponibile)

Quali sono i possibili effetti collaterali sul paziente dell’opzione trimodale e quali gli impatti sullo stile di vita? Quanto è importante disporre di macchinari radioterapici di nuova generazione?

Risponde Stefano Arcangeli

Gli effetti collaterali acuti (cioè che si verificano durante la radio-chemioterapia) sono per definizione transitori e reversibili. Ma vanno gestiti con una adeguata terapia di supporto per garantire la compliance del paziente al trattamento. La tossicità tardiva (più insidiosa perchè irreversibile) è piuttosto bassa, ad indicare che la vescica "conservata" resta nella maggior parte dei casi perfettamente normo-funzionante. La tossicità tardiva è del 5% (genito-urinaria) e del 2% (intestinale), rispettivamente, a 5 anni. Questi dati risultano da un'analisi di diversi trials prospettici realizzati in un'epoca in cui solo la radioterapia 3D conformazione (oggi divenuta quasi obsoleta) era disponibile. La radioterapia contemporanea, con la possibilità di modulazione dell’intensità del fascio di radiazioni (IMRT) e quella di sfruttare una guida d' immagini (IGRT) ha ridotto ulteriormente questi rischi. In linea di principio, per la radioterapia del carcinoma della vescica l'utilizzo di tecnologie evolute può essere utile ma NON indispensabile. Molto più importante è l'esperienza del medico radioterapista oncologo e il lavoro coordinato del team (urologo-radioterapista-oncologo medico).

Importante nell’opzione trimodale risulta il lavoro di equipe con l’oncologo ed il chirurgo. Esistono sicuramente nel nostro paese esperienze significative al riguardo. Come mettere al corrente i pazienti di queste ultime?

Risponde Stefano Arcangeli

Il successo della terapia trimodale, oltre che dalla corretta selezione del paziente, dipende fortemente dal lavoro di tutta l'equipe multidisciplinare che, in tempi e modi diversi, prende parte attivamente al trattamento. In Italia purtroppo il tasso di pazienti candidati a terapia trimodale è tra i più bassi del mondo occidentale, e l'unico modo per rendere disponibile questa opzione terapeutica ai pazienti che sono eleggibili, è quello di coinvolgere il radioterapista oncologo nella valutazione del caso clinico fin dall'inizio, in un contesto di autentica gestione multidisciplinare. Sarà pleonastico ribadirlo, ma soprattutto per una malattia come questa, la qualità delle cure è nella multidisciplinarietà, di cui la radioterapia, insieme alla chemioterapia e alla chirurgia è uno dei pilastri fondamentali.

Per i tumori non muscolo invasivi, abbiamo riscontrato nella pratica clinica diverse modalità delle instillazioni di immuno/chemioterapici, sia come modalità (tempo di trattenimento in vescica del farmaco, day hospital o meno, uso del catetere o meno) sia come frequenza (3x1 o 1x12, quest’ultima non aderente a quanto contenuto nelle linee guida). Esistono dati sperimentali o esperienze cliniche con numeri significativi, che consentano di stabilire quale sia la modalità migliore?

(La risposta non è disponibile)

Recenti notizie hanno riportato carenze di mitomicina e di BCG fortunatamente risolti in breve tempo. Sono trattamenti applicati alla nostra patologia da decenni: esistono o sono in vista farmaci antitumorali alternativi utilizzabili, con dati sperimentali di cura altrettanto efficaci?

(La risposta non è disponibile)

Da alcuni decenni sono note terapie ‘device assisted’ (SYNERGO, EMDA), tuttavia scarsamente diffuse nel nostro paese. Che efficacia hanno e per quali motivi non vi è un utilizzo diffuso?

(La risposta non è disponibile)

Nei tumori non muscolo invasivi, è fondamentale il monitoraggio attivo. Distinguendo tra alto e basso rischio, quali esami sono raccomandabili e qual è la tempistica con cui procedere?

Risponde Savino Di Stasi

Nei pazienti a rischio basso/intermedio: raccomandabile cistoscopia + citologia urinaria + ecografia ogni 3 mesi per primo anno. Anno successivo: controllo semestrale stessa triade. Dal terzo anno: controllo annuale stessa triade.

Nei pazienti ad alto rischio: cistoscopia + citologia urinaria + ecografia ogni 3 mesi per i primi 18 mesi. Se dopo 18 mesi tutto negativo, controllo semestrale stessa triade primo anno, poi controllo annuale sempre stessa triade di esami.

In quali casi si fa o si può fare ricorso a strumenti di diagnostica più innovativi, quali il Fish Test urine, la cistoscopia a luce blue e quella NBI, o il recente EpiCheck?

Taluni di questi possono sostituire la cistoscopia?

Risponde Savino Di Stasi

Per quanto riguarda i pazienti ad alto rischio, mi fido molto della citologia urinaria associata a cistoscopia. Gli altri test a mio parere non hanno ancora dimostrare di avere un risultato altrettanto valido. Purtroppo, da più di 10 anni mancano i fondi per questa malattia, e secondo il mio parere sarebbe molto più utile concentrare le risorse disponibili più sull’aspetto terapeutico che su quello diagnostico. Dal 2008 i soldi che vengono spesi sono molti pochi, bisogna concentrarsi di più sull’aspetto terapeutico che diagnostico. Il tumore alla vescica è diventato ormai il tumore più costoso al mondo.

Oltre a controlli locali, in quali casi è opportuno ricorrere a controlli ‘sistemici’ come PET / TAC, RMN?

Risponde Savino Di Stasi

Assolutamente la TAC è raccomandata in tutti i pazienti con una prima diagnosi di tumore non infiltrante di alto grado.

Quando si può ritenere che un paziente con storia di carcinoma vescicale di alto grado possa ritenersi guarito? Come varia la probabilità di recidiva in funzione del tempo?

Risponde Savino Di Stasi

Per la mia esperienza, con il trattamento da me effettuato, superati i 18 mesi dello stesso e successivo follow la possibilità di recidiva è estremamente rara. Nei 10 anni successivi circa il 10% dei pazienti manifesta una recidiva di basso rischio.

 


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