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Le nostre Storie

La vita sospesa

di Sonia C.

Giugno 2020

All’inizio dell’estate 2020, precisamente il 29 giugno, ultimo giorno di lavoro prima delle vacanze estive e data antecedente al mio compleanno, durante un normale controllo di routine (ecografia ovarica), mi viene comunicata la presenza di una neoformazione in vescica.

La dottoressa durante la visita inizia a spiegarmi il da farsi in modo concitato, appare un tantino agitata e mi raccomanda di rivolgermi immediatamente al medico di base per fare ulteriori accertamenti.

Esco dall’ambulatorio frastornata, incredula, quasi non riesco a rendermi conto della situazione…Mi avvio verso casa pensando che forse la dottoressa ha esagerato e cerco di minimizzare, di non pensare troppo all’accaduto e di rivolgere il mio pensiero al periodo di vacanza che mi aspetta.

In realtà riflettendo un attimo devo ammettere a me stessa che da alcuni mesi non mi sento molto bene.

 Accuso disturbi strani riconducibili ad una cistite o a problemi intestinali, ma mi sforzo di non dare troppo peso alla cosa e cerco di ignorare il malessere che avverto spesso.

 In fondo perché preoccuparsi? Ho sempre goduto di ottima salute, non ho mai fatto assenze dal lavoro ed ho sempre condotto una vita attiva.

Sono convinta che il mio stato fisico possa dipendere dalla situazione creata dalla pandemia che mi ha procurato uno stato di tensione e di stress cambiando radicalmente le mie abitudini.

Luglio 2020

Su consiglio del mio medico di base decido comunque di rivolgermi ad un urologo in libera professione presso l’ospedale di Modena, la mia città, sperando di poter eseguire al più presto gli accertamenti del caso dati i problemi degli ospedali a causa della veloce diffusione del Covid.

Il professore M.S. del reparto di urologia dell’ospedale Sant’Agostino di Baggiovara (Modena) mi consiglia di effettuare diversi esami per poter avere maggiori informazioni riguardo al mio stato di salute, ovviamente in libera professione.

Io metto mano al portafoglio senza battere ciglio e a fine luglio, terminati i costosi accertamenti, l’urologo mi comunica sorridendo che è necessario un intervento, ma la situazione appare tranquilla e risolvibile.

Verso la fine del mese di luglio mi sottopongo perciò ad una resezione endoscopica della neoformazione e spero di risolvere in breve il mio problema di salute.

Dopo alcuni giorni mi viene comunicato telefonicamente dal chirurgo in modo brusco e alquanto frettoloso l’esito istologico che risulta infausto e di conseguenza la necessità di un secondo intervento molto più invasivo perché è necessario asportare la vescica.

Io rimango muta, inerme di fronte a questa sentenza…Mi sento pietrificata e avverto una sensazione di profonda sofferenza…Cerco di fare qualche domanda per sapere che cosa mi aspetta, ma percepisco il nervosismo del professore e non mi resta che riattaccare e sprofondare in uno stato di angoscia.

 Perché dirmelo così, senza spiegazioni, in cinque minuti, senza un minimo di empatia e di comprensione?!

E poi come avrei potuto comunicare ai miei anziani genitori, a mio marito e a mio figlio una notizia così terribile e inaspettata?

Agosto 2020

Il professore M.S. mi prescrive una TAC da effettuarsi a breve e mi garantisce che a settembre, quando rientrerà dalle vacanze, si farà l’intervento data la delicatezza della situazione e forse sarà necessaria una consulenza oncologica.

 Io aspetto con ansia giorno dopo giorno l’esito e finalmente vengo convocata in ospedale dove alcuni medici mi informano riguardo alle decisioni della commissione multidisciplinare.

Mi propongono di effettuare una nefrostomia al rene sinistro che risulta sofferente per poter poi procedere con la chemioterapia neoadiuvante.

E così torno in sala operatoria, anche se per breve tempo e mi preparo per iniziare le cure.

Presa dal panico comincio a raccogliere informazioni sulla malattia e casualmente grazie alla rete vengo a conoscenza dell’associazione Palinuro.

Contatto subito alcune volontarie sperando di poter ricevere informazioni in merito e di riuscire a capire quale strada seguire perché mi sento persa e sconsolata.

Inizio a conoscere Daniela B, Claudia, Stefania, Simona e Mimma, mia concittadina e queste persone meravigliose mi danno consigli preziosi sull’atteggiamento che devo tenere per gestire un problema di non facile soluzione.

Ritrovo così energia e sostegno, vedo una luce in fondo al tunnel e inizio a capire quanto è importante provare fiducia nei confronti dei medici che si occupano della nostra salute.

 Pertanto delusa profondamente dall’atteggiamento del professore di Modena, trovo il coraggio e decido di chiedere un secondo parere riguardo al da farsi per togliermi dubbi o insicurezze.

Settembre 2020

A settembre la mia oncologa mi comunica l’impossibilità di effettuare i cicli di chemioterapia prima dell’intervento a causa della sofferenza del rene sinistro pertanto spero di essere operata al più presto.

Io sono ormai sfiduciata dai continui cambiamenti di programma e inizio a preoccuparmi seriamente perché i mesi passano, la malattia si aggrava sempre più e non ricevo informazioni riguardo alla data di un possibile intervento da parte dell’ospedale. 

La mia oncologa mi consiglia di rivolgermi al professore Schiavina Riccardo dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna per esporgli la mia situazione.

Novembre 2020

Io cerco in tutti i modi di fissare un appuntamento con il professor S.R. ma i tempi di attesa sono lunghi ed io non ho più tempo.

Riesco comunque a contattare un chirurgo di quell’ospedale per avere una consulenza oncologica, il dottor M.G. che mi comunica l’esigenza di effettuare l’intervento al più presto anche perché da una seconda TAC da lui richiesta, è evidente che il tumore è cresciuto.

Io mi sento sollevata e finalmente il 2 novembre del 2020 il professor M.G. mi opera di cistectomia radicale con confezionamento di neo vescica ortotopica ileale.

Vengo poi dimessa dopo 11 giorni e tutto sembra andare bene…Piano piano mi riprendo e dopo circa un mesetto arriva il momento di iniziare la chemioterapia adiuvante.

Dicembre 2020

Al centro oncologico modenese prima di iniziare la terapia mi sottopongo ad alcuni controlli e purtroppo una TAC evidenzia la presenza di una fastidiosa complicanza post operatoria, una fistola vescico-vaginale pertanto mi viene immediatamente posizionato un catetere vescicale da tenere nel periodo di chemioterapia.

Finiti i cicli di chemio siccome la fistola è ancora presente i medici decidono di non rimuovere il catetere e su esortazione della mia oncologa, decido di sottopormi ad un nuovo intervento chirurgico per la correzione della fistola.

Luglio 2021

E così a luglio 2021 vengo nuovamente operata. L’intervento viene eseguito per via transvaginale all’ospedale Sant’Orsola di Bologna.

All’inizio tutto sembra andare per il meglio, ma dopo dieci giorni circa la fistola si riapre e per me ricomincia il calvario.

L’urologo M.G. programma un nuovo intervento, questa volta a cielo aperto pertanto io continuo a tenere il mio catetere e aspetto con ansia di tornare in sala operatoria per risolvere il mio problema.

Gennaio 2022

Dopo circa sei mesi, nel gennaio 2022 mi sottopongo ad un nuovo intervento, questa volta più invasivo, ma il problema non si risolve.

Io inizio a perdere la fiducia e comincio a rassegnarmi all’idea di dover convivere con la fistola e con tutte le problematiche che comporta.

Per fortuna il professor Sabbatini, oncologo di Modena mi spinge a non mollare, a ripetere l’intervento ed io comincio a credere che ci sia ancora una possibilità.

Mi confronto pertanto con i compagni di viaggio dell’associazione Palinuro, raccolgo informazioni e vengo a conoscenza del fatto che Daniela G. una volontaria è riuscita a risolvere il problema della fistola grazie ad interventi chirurgici   perciò, seguendo i consigli che mi vengono dati, decido di rivolgermi ad altri chirurghi per avere una visione più completa della situazione.

Purtroppo non mi vengono date notizie rassicuranti perché la mia situazione è estremamente delicata e complessa anche perché ho già subito due interventi a cielo aperto.

Io voglio comunque ritentare e non mi arrendo.

Decido pertanto di cambiare chirurgo e mi rivolgo nuovamente al prof. Riccardo Schiavina. Riesco a fissare un appuntamento e dopo una lunga visita mi spiega con chiarezza il da farsi per avere informazioni corrette e necessarie sulla mia situazione in modo da poter fare previsioni sulle probabilità di riuscita dell’intervento.

Io naturalmente seguo i suoi consigli e dopo alcuni accertamenti estremamente approfonditi il professore accetta di operarmi anche se le possibilità di riuscita dell’intervento sono abbastanza limitate.

Febbraio 2023

Il professore studia in modo accurato la mia situazione prima di intervenire e nel mese di febbraio 2023 vengo operata al Sant’Orsola.

Finalmente l’intervento riesce perfettamente ed io sono soddisfatta.

 

Riflessioni

Solo ora riesco a raccontare la mia storia, una storia iniziata tre anni fa.

Ho faticato molto ad accettare la malattia, quasi non volevo rendermene conto perché il dispiacere era troppo grande.

La mia vita in questi ultimi tre anni è stata in parte sospesa.

Quando sei abituata a vivere in modo attivo, a correre ogni giorno, a non ascoltare troppo il tuo corpo perché tanto non hai mai avuto problemi di salute, fermarsi potrebbe significare entrare in una nuova dimensione, in un vuoto.

In realtà non è stato così.

I problemi di salute hanno sicuramente stravolto le mie abitudini e mi hanno posto molti limiti.

Il condizionamento dovuto alla presenza della fistola che mi procurava una severa incontinenza unito al disagio causato dal catetere che ho dovuto tenere per più di un anno e di una nefrostomia per diversi mesi, mi hanno messa a dura prova e non mi hanno permesso di vivere appieno questo lungo periodo.

 Nonostante tutto in questi tre anni ho ripreso in mano la mia vita perché sono riuscita ad avere tempo per me, per riflettere, per dedicarmi ai miei affetti e a ciò che ritengo veramente importante.

Forse proprio grazie alla famiglia non ho sempre messo al centro la mia persona e le mie esigenze e di conseguenza ho continuato a vivere una pseudo normalità affrontando per quanto mi è stato possibile ciò che la vita mi metteva davanti come il dolore per la malattia e la morte di mio padre   e nel contempo la gioia per la crescita di mio figlio.

Sì a volte ho avuto anche paura, ma non mi sono mai voluta soffermare su pensieri negativi. Io ero convinta di vivere e di avere ancora tempo da dedicare agli altri.

Non ho mai pensato alla morte, nemmeno nei momenti più difficili. Forse ho messo in atto un meccanismo di difesa che spesso mi ha resa inconsapevole della vera situazione che stavo vivendo, ma che comunque mi ha aiutata a resistere e a superare le difficoltà.

Probabilmente per diverso tempo ho congelato la mia emotività, forse per evitare di lasciarmi travolgere e sopraffare dalle emozioni.

 Sì, penso che in certi momenti sia stato necessario per riuscire ad affrontare un problema così grande.

Mi è capitato di   soffrire molto per l’atteggiamento, la freddezza e la mancanza di tatto di alcuni medici e di operatori sanitari…Per fortuna ho seguito i consigli ricevuti dall’associazione Palinuro e ho trovato il coraggio di guardarmi intorno, di sentire altri pareri, di non perdermi d’animo e di ritrovare una strada da seguire.

Quando ho superato il momento più critico, dopo l’intervento risolutivo, ho iniziato ad esternare i miei stati d’animo e sono stata in grado di parlare della mia malattia: questo mi ha permesso di ritrovare un maggior benessere interiore.

Ora provo ancora tanta gratitudine nei confronti delle persone che mi hanno aiutata: le volontarie dell’associazione Palinuro, gli oncologi e il professor Schiavina per la sua professionalità e la grande umanità. Sono stata fortunata ad incontrare un chirurgo eccezionale che ha avuto il coraggio di affrontare un intervento difficile e delicato.

 Non ha avuto paura di fallire, ma ha anteposto la salute del paziente.

Proverò sempre tanta stima e gratitudine nei suoi confronti.

Forse ho più timori e ansie adesso perché ho riassaporato la gioia di vivere nuovamente e in modo completo la mia normalità senza tanti limiti.

Sì, ho più paura e fatico maggiormente a controllare le mie emozioni perché temo di perdere quello che ho faticosamente riacquistato, cioè una vita normale.

Ogni giorno cerco comunque di non pensare troppo alla malattia e alla paura di un suo ritorno e mi sforzo di vivere il presente minuto per minuto per quanto mi è possibile.

E in futuro si vedrà.

Sonia


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