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Le nostre Storie

Una lunga storia di tumore e Covid - Tutti i particolari in cronaca

di Carmela F. (NA)

Mi ricordo. Ero così: bella e spensierata, erano anni che non stavo così bene: sempre una parola bella per tutti, sempre presente dove si faceva baldoria ma soprattutto sempre presente per i più sfortunati e nella mia parrocchia. Lì mi occupavo di tante cose, ero referente di tutte le catechiste, animavo i canti liturgici e nei momenti più forti del cammino della Chiesa ero io che preparavo le liturgie con il sacerdote.

Amavo e amo stare con i bimbi. E’ sempre stato così, infatti ho fatto da babysitter a sei bimbi.

I bambini del catechismo per me erano tutti figli miei, non perché non li abbia avuti ma perché per me è una “missione”. Ho sempre avuto l’istinto materno.

Nel mio paese si dice che i figli sono di chi li cresce e non di chi li fa. L’ultimo aveva solo dodici giorni. E’ stata la ciliegina sulla torta: mi sono sentita mamma, a tutti gli effetti. Lo tenevo io quasi tutta la giornata. Veniva a casa mia e lo tenevo con me. Sua mamma è un avvocato e faceva orario d’ufficio. 

Non ho avuto figli perché prima di sposarmi, mio marito ebbe un linfoma di Hodgkin: era già al quarto stadio e iniziarono subito con la chemio e non fecero la raccolta degli spermatozoi. Si doveva correre, la malattia era in stadio avanzato. Ci dissero che magari i figli sarebbero venuti dopo, ma niente: non sono venuti. 

Abbiamo fatto anche domanda di adozione, eravamo felici di questo, ma niente… Troppi soldi e troppa burocrazia. 

Era il mese di aprile di cinque anni fa. Stavo preparando le liturgie per le prime comunioni, Avevo 46 anni. Andai in bagno, in parrocchia. Andai a fare minzione, mi asciugai e dissi: «Cavoli, mi sono venute di nuovo le mestruazioni!».

È troppo presto, pensai. 

Questo sangue non usciva sempre, non avevo né dolore né bruciori. Lasciai stare, pensai a uno scompenso ormonale. Non passarono 15 giorni, a fine aprile di nuovo questo sangue vivo! Incominciai a pensare alla menopausa ma nel frattempo mi recai dal ginecologo che disse: « Signora, nessuna menopausa, l'utero e le ovaie stanno bene». Mi chiese di vedere nell’uretra e disse: «Signora si deve far vedere da un urologo perché l’uretra è piena di sangue . 

Andai dall’urologo. Iniziammo a fare tanti esami: l’urinocoltura andava bene, nemmeno un po’ di sangue, la TAC con contrasto non evidenziava niente. Ultimo esame, la cistoscopia, nel mese di luglio. Nella cistoscopia si vide il mostro, la bestia era nascosta dietro la fascia muscolare, non stava nella vescica. L'urologo mi disse: « Signora lei ha un polipetto che sanguina, bisogna toglierlo. Quando  lo vuole togliere ?». 

Pensai: «Ma io devo andare al mare!». Era la fine di luglio e dovevo partire a inizio agosto. Mio marito mi guardò e disse: «No, devi toglierlo!» Prenotammo l'intervento  a fine luglio e tolsi questo famoso polipo. Agli inizi di settembre arrivò l’esame istologico. Carcinoma ad alto rischio di recidiva.

L’urologo mi disse: « Signora, non deve fare altro che fare la BCG» e io chiesi:« Ma dove, ma che sono?-Dottore, mi lascia così? Senza sapere che fare e dove andare?».

Prenotai una visita privata da un urologo molto conosciuto in Campania ma lui disse:«No, signora.Venga all'istituto Nazionale Pascale, dei tumori. Io lavoro lì. Si faccia fare la richiesta e mi porti tutto, anche i vetrini».

Ci andai e feci la visita ma non gli piaceva quell’esame istologico. Volle fare una Returv perché chi mi aveva operato e tolto il polipetto non aveva prelevato materiale sufficiente per capire se la vescica fosse pulita. Facemmo la ReTurv e un altro esame istologico ma in vescica non ci stava niente e quindi il carcinoma non si vedeva. Scoprimmo dopo che era dalla parte del muscolo. Iniziai la BCG e mi dissero che avrebbe avuto una durata di tre anni, a cicli. Poi si sarebbe controllato con una cistoscopia. Il primo ciclo andò benissimo.I controlli erano tutti OK. Iniziai il secondo ciclo, arrivai ai controlli e lì ci fu la doccia fredda: una recidiva. Chiesi se non poteva già toglierla. Il dottore mi disse:«Magari!». Il periodo non era dei migliori, ci accompagnava il Covid. Feci la Turv per vedere di che si trattava, in un’altra struttura, altrimenti ci volevano tre mesi per operarmi. Feci la Turv e, mi dovete credere, me lo sentivo che l’esame istologico non sarebbe stato buono, e infatti fu così.

Arrivò l'esame istologico e mi feci operare in una struttura ospedaliera a Napoli, la Fatebenefratelli. Lasciamo stare- perché c’era il Covid- ma siamo stati trattati malissimo. Ero da sola, visto che nessuno poteva entrare con me, il dottore mentre mi stava togliendo il catetere per la Turv che avevo appena fatto mi disse: «Signora, da Roma è arrivato anche l’esame istologico. Lei deve togliere la vescica!» e aggiunse, senza pietà: «Dove vi seguono al Pascale di Napoli sono bravi ».

Lui parlava e io pensavo solo a come me lo stava dicendo, senza capire il mio stato d'animo. Uscii e c’era mio marito ad aspettarmi. Gli dissi: « Amore bello, dovrò togliere la vescica! ».

Andammo subito al Pascale, con l’esame istologico, i vetrini erano a Roma. L’oncologa, che oggi è una mia amica, disse: «Facciamo rifare l'esame ai vetrini e poi vediamo, perché non è che si tolgono le vesciche così!»

Il referto dell'esame istologico era ancora peggio di quello che era stato fatto a Roma: carcinoma, che aveva preso anche un po' la tonaca muscolare. 

La mia amica oncologa disse: «Non è un bel momento, in pieno Covid, ma mi spoglio dei panni di medico e da amica che ti vuole bene ti dico di far vedere a chi vuoi questi vetrini e l’istologia. Fai l'intervento, dove vuoi tu, io ti do gli indirizzi. Se vuoi altri consulti fallo pure, Carmela, ma tu devi toglierla la vescica. Ti accompagnerò dove vuoi, anche se c’è questo caos del Covid. Hai il diritto ad valutare altri pareri». 

Andai, con la paura del Covid. Per altri pareri sono arrivata a Milano, a Roma e pure a Bologna ma niente… Ciò che dovevo fare era la cistectomia. Un professore mi disse di rimanere a Napoli. Il chirurgo che mi avrebbe operato era bravissimo. Il professore lo aveva conosciuto a Bruxelles. Mi convinsi e iniziai con tanti controlli.

Era febbraio. Ho fatto di tutto e di più, anche la scintigrafia ossea. Il Prof.mi disse che ero candidata a una neovescica, però che era sempre da valutare durante l’intervento. La mia amica oncologa mi convinse a non usare la robotica, ma la chirurgia a cielo aperto. Il Prof. mi disse:«Non avrei mai pensato che mi avrebbe chiesto di operare a cielo aperto: la vedo molto vanitosa e bella!»

«Si sbaglia professore», gli dissi «chi se ne frega della cicatrice!».

 Il 26 febbraio fui chiamata per l'intervento e tutta da sola entrai nell’Istituto con una valigia, portandomi di tutto e di più, visto che non poteva venire nessuno. L'intervento durò otto ore. Non ci fu bisogno di terapia intensiva e non mi tolsero né ovaie né utero. Furono 26 giorni di ospedale per via di varie complicazioni.

Mi fecero dare un nome alla neovescica. Le diedi il nome Nadia. Non ero preparata a questa cosa e pensai a Nadia Toffa.

Tornai a casa comunque con sacchetti fili stomia temporanea busta per drenaggio e busta per neovescica. Pian piano iniziarono a togliere questi arnesi. Arrivarono i primi stati febbrili: blocco delle urine. Non usciva più niente da quei tubicini. Era il giorno di Pasqua. Si bloccò tutto. Trovai un Angelo Urologo che venne a casa in pieno covid e mi fece il lavaggio di questi cateteri. Più avanti tolsi tutto. Il dottore che oggi mi segue disse allora: «Stamattina facciamo il battesimo a Nadia?» e io: «Il battesimo?».

«Si» mi disse:«Deve urinare nel gabinetto».

«Ma esce da sola» dissi io. «Sarà così per un poco», rispose. 

Dopo tre mesi sono diventata continente sia di giorno che di notte. Dopo un anno dalla neovescica non ho capito più niente: mi hanno messo uno stent perché ho avuto molti episodi di febbre e il rene stava smettendo di funzionare, perché avevo una stenosi. Le urine tornavano indietro. Dovevo fare sette autocateterismi al giorno.

Lo stent lo devo sostituire ogni sei mesi, e questa è tutta la storia di Nadia, la mia neovescica.  

Tra pochi giorni Nadia compirà tre anni. Ogni tanto mi fa contenta, riesce a farmi fare tutte la minzione. Per eliminare lo stent dovrei fare il reimpianto ma non c’è sicurezza che non mi ritorni una nuova stenosi, quindi mi sono rifiutata. Mi sono fatta vedere da altri, che mi hanno detto la stessa cosa. Allora il dottore che mi segue ha detto: «Signora, invecchieremo insieme!».

Oggi mi ritrovo con altri problemi: mio marito ha di nuovo il linfoma, dopo 25 anni, e io sono crollata.

Questa è tutta la mia storia. Scusate se, come sempre, mi sono dilungata. Grazie a tutti voi per il vostro sopportarmi e supportarmi.

Voglio ringraziare Raffaella P@ola Rosaria perché sono le prime persone che ho conosciuto e ringrazio chi, ora non ricordo, mi chiese in privato se volevo entrare nel gruppo. 

Grazie a tutti.

 


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